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Studenti analfabeti funzionali? Bocciare non è la soluzione, è la causa, ciccini

Avete presente Usain Bolt, il millemila volte medaglia d’oro sui 100 metri? Un paio di anni fa, dopo l’ennesimo oro, il campione giamaicano ebbe la bella idea di cimentarsi con il lancio del giavellotto [1]:

Uno spettacolo dopo lo spettacolo. Usain Bolt ci mancherà, quando deciderà di salutare definitivamente l’atletica il vuoto sarà grande durante e dopo le gare. Il campione giamaicano, dopo aver conquistato il suo terzo oro a Rio e nono ai Giochi, chiudendo come ultimo staffettista della 4×100, s’è divertito fino a notte fonda con… il lancio del giavellotto. E sì. All’1.40 della notte di Rio, invitava il (poco) pubblico, composto dai tanti volontari a fine serata, ad applaudire sotto le poche luci rimaste accese allo stadio Olimpico. Una bella carica a tutte risate e poi… oplà: 56 metri! Grande, Usain

Il risultato, ovviamente, fu decisamente deludente. Ma cosa rispondereste se venisse avanzata l’idea che data la poca prestanza con il giavellotto Bolt non dovrebbe correre i 100 metri? Crasse risate, immagino. Va bene, ma allora spiegatemi questa: perché una persona insufficiente in lettaratura italiana e latino dovrebbe essere bocciata quando lo studente vuole solo laurearsi in chimica?

— Studenti analfabeti funzionali? —-

Se avete la mala sorte di seguire il dibattito sulla scuola potete notare l’emergere di una narrazione basata sui seguenti capisaldi:

  • Gli studenti sono ignoranti;
  • Gli studenti sono analfabeti funzionali;
  • Non si bocca più;
  • Bocciamoli e abbiamo risolto il problema;

Il problema di questa narrazione è che è credibile ma ignora i fatti emersi dalle ricerche che vengono citate… e che non sono lette e/o capite. Ricordate i risultati delle prove INVALSI? Ecco la literacy:

Grado 13 italiano

E la numeracy:

Grado 13 matematica

Cosa possiamo notare? Una forte differenza di risultati basati sulla geografia. Al nord quasi l’80% degli studenti si posiziona o supera il livello 3 per la lettura e supera il 70% per la matematica, mentre il Centro cala al 65 o al 55%. Il Sud, invece, si ritrova con oltre il 40% degli studenti sotto il livello 3 per la lettura e oltre il 50% per la matematica.

Particolarmente significativi sono i risultati per tipologia di istituto scolastico. Per la lettura:

Scuola lettura

E per la matematica:

Scuola matematica

Ne viene fuori che gli studenti sotto il livello 3 sono da ricercare principalmente al Sud e nei professionali. Messa così non è poi così grave, non trovate?

—- Non solo gli studenti, belli miei —-

Il discorso, ovviamente, è valido per l’intera popolazione italiana. Livelli d’istruzione bassi rendono complicata la fruizione di testi scritti di livello superiore e una vita professionale spesa nella manualità e nella operatività non permettono di supplire al problema. Lasciamo da parte, per ora, gi studenti e vediamo come se la cavano gli altri. Il primo fattore da tenere in conto è la ricerca internazionale sulle competenze alfabetiche della popolazione adulta (International Adult Literacy Survey, IALS) lanciata dall’OCSE/OCDE nel 1992. Nel 1996 si ebbe la seconda ricerca del progetto (Second International Adult Literacy Survey, SIALS), che ha fornito a più riprese i risultati tra il 1995 e il 2000 [2]. Ecco i risultati per livelli:

Tabella n° 1. Distribuzione dei rispondenti italiani alle prove IALS-SIALS.

1° livello 2° livello 3° livello 4°/5° livello
Testi in prosa 34,6% 30,9% 26,5% 8%
Grafici 36,5% 32,2% 25,3% 6%
Calcoli, problemi 32% 31,4% 27,6% 9%

Fonte: Invalsi

Un vero e proprio disastro e se ve lo state chiedendo è da questa ricerca che viene l’allarme in merito al 70% di italiani analfabeti. La ricerca evidenziò anche una cosa molto interessante: la scarsa scolarizzazione della popolazione italiana è un elemento critico per la comprensione del fenomeno. All’epoca poco più di un terzo della popolazione poteva vantare soltanto la licenza media (34,5%), neppure un terzo un diploma di scuola superiore (27%) e quasi un altro terzo solo la licenza elementare (32,3%). La popolazione laureata non raggiungeva neppure il 7%. Se consideriamo le classi d’età possiamo fare una banale conclusione:

Tabella n° 2. Distribuzione dei rispondenti del test in prosa per classi d’età.

1° livello 2° livello 3° livello 4°/5° livello
16-25 15,4% 32,4% 37,6% 14,6%
26-35 21,9% 34,4% 32,3% 11,4%
36-45 32,2% 32,8% 28,2% 6,7%
46-55 46,9% 28,9% 20,3% 3,9%
56-65 63,5% 24,1% 10,5% 1,9%

Fonte: Invalsi.

Tabella n° 3. Distribuzione dei rispondenti del test dei grafici per classi d’età

1° livello 2° livello 3° livello 4°/5° livello
16-25 18,2% 35,5% 36,8% 9,6%
26-35 27,2% 32,8% 31,6% 8,4%
36-45 35,2% 33,9% 24,8% 6,0%
46-55 46,5% 30,5% 19,7% 3,3%
56-65 61,0% 27,2% 10,3% 1,5%

Fonte: Invalsi.

Tabella n° 4. Distribuzione dei rispondenti del test calcoli, problemi, operazioni aritmetiche.

1° livello 2° livello 3° livello 4°/5° livello
16-25 19,0% 34,1% 35,4% 11,4%
26-35 23,5% 30,2% 35,4% 10,9%
36-45 30,5% 31,3% 27,7% 10,6%
46-55 39,4% 32,0% 22,5% 6,2%
56-65 52,3% 29,5% 13,4% 4,8%

Fonte: Invalsi.

I più giovani se la cavavano meglio dei più anziani, sia per un maggior livello di educazione sia per una maggiore esposizione a elementi – testi scritti, grafici – poco presenti nella società nel suo complesso.

La situazione è stata confermatata dalla fase successiva della ricerca, la PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) svoltasi nel 2011-2 [3]. Questa volta è la classe d’età 25-34 a ottenere i risultati migliori, mentre gli over 50 si confermano come i peggiori. La classe 16-24 e 25-34 presentano rispettivamente il 35% e il 34% al livello 3 (su 5), mentre la classe 55-65 presenta la maggiore percentuale di persone al di sotto del livello 1 (10%) e il maggior numero di persone ferme al livello 1 (31%).

Rispetto alla rilevazione precedente si deve notare che i risultati sono migliorati: sono aumentati i punteggi medi di literacy ed è diminuito il gap con la media OCSE. La spiegazione di questo fenomeno è dovuto all’uscita dalla rilevazione della coorte d’età dei nati fra le due guerre mondiali. Non a caso mentre i risultati delle classi d’età più giovani sono grossomodo rimasti invariati, i miglioramenti più consistenti si possono trovare negli over 45. Il gap nella literacy, ad esempio, è passato dai 63 punti a favore dei più giovani (16-24 anni) rispetto ai più anziani (55-64 anni) ai 30 punti dell’ultima rilevazione.

—- La selezione causa problemi, ciccini —-

Se avete un minimo di dimestichezza nei dati statistici avete già capito dove queste considerazioni ci conducono. La differenza di risultati nei vari percorsi scolastici è perfettamente logica vista l’impostazione della scuola italiana. Ricordiamo che l’organizzazione attuale, a dispetto di 30 anni di riforme e controriforme, si basa ancora sulla Riforma Gentile con la sua sacra trimurti:

  • i bravi al liceo per studi propedeutici per l’università;
  • i mediocri ai tecnici;
  • gli scarsi ai professionali;

Ma così facendo si crea un effetto prevedibile che però, chissa perché, genera sempre delle lamentele. Ricordiamo che la literacy misura la capacità di comprendere un testo scritto che per sua natura si discosta dal linguaggio parlato essendo più complesso e raffinato con una lunga serie di catene argomentative o un ampio utilizzo di aggettivi. La numeracy, poi, nella vita quotidiana ha un peso quasi inesistente al netto del pagare le bollette e la spesa. Sia l’una che l’altra sono creazioni artificiali il cui pieno apprendimento richiede anni e le cui abilità vanno perse senza un costante esercizio. Se vi siete mai chiesti perché il sottoscritto perda tempo a scrivere post per il blog, eccovi la risposta.

Il sistema scolastico italiano riserva il pieno sviluppo della literacy e della numeracy solo ai liceali vista l’impostazione prettamente teorica degli studi. Sul versante opposto, invece, chi studia nei professionali non è andato oltre a testi destinati ai bambini e ai sussidiari per la scuola per poi passare a una dimensione educativa eminentemente pratica e professionalizzante. A meno che non ci sia un interesse personale per l’argomento, un diplomato dai professionali difficilmente avrà mai in mano un saggio di livello universitario o un romanzo.

Il discorso è analogo per le coorti d’età più anziane che presentano livelli di scolarizzazione minori. I più anziani hanno studiato meno e hanno vissuto e lavorato per decenni in contesti professionali dove non erano richieste abilità legate alla literacy e alla numeracy. Morale della storia? Gli analfabeti funzionali esistono proprio perché un tempo nella scuola pre ’68 si bocciava e si selezionava gli studenti, mentre in quella post ’68 ci si limita a selezionare mandando i meno abili nei professionali… dove non prenderanno un libro in mano confermando il proprio analfabetismo funzionale. E la cosa mi porta a chiedere: ma che volete? Siete voi a selezionare le persone!

—– Bocciare? A che serve? —-

Un altro errore nella narrativa è quello di confondere l’ignoranza con l’analfabetismo funzionale. È una sciocchezza perché si confonde una capacità con una conoscenza: uno studente dal rendimento disastroso può tranquillamente avere un’elevata literacy se ama leggere e scrivere, mentre il primo della classe può essere un mediocre che sopravvive grazie alle lezioni o alle ripetizioni.

Trattando l’idea della bocciatura, oltre a evidenziare agli effetti secondari della diffusione dell’analfabetismo funzionale, vorrei evidenziare i limiti di questo meccanismo:

  • l’esito più comune della bocciatura non è il recupero del rendimento scolastico ma l’abbandono della scuola con conseguenze facilmente prevedibili;
  • bocciare uno studente per una o più insufficienze vuol dire far ripetere l’anno anche nelle materie dove c’era profitto;
  • qual è il numero delle materie che causano la bocciatura? Una? Anche per l’educazione fisica? La musica o l’educazione tecnica alle medie? Non manca, ovviamente, l’ipocrisia con materie di serie A e di serie B o C (l’educazione fisica che si potrebbe anche abolire per come viene insegnata);

Particolamente stupida, poi, è la confusione fra materie falsamente generaliste – molte discipline a scuola non vengono trattate, si veda la geopolitica o le scienze politiche – e specializzanti di tipo professionalizzante. Mi è capitato in passato di ricevere commenti scomposti e isterici sull’argomento bocciatura proprio perché si argomentava che senza questo strumento finiremmo con l’avere medici e tecnici incapaci. Tralasciando che sotto questo punto di vista è il mercato a fare pulizia, vorrei solo far presente che né le scuole di primo grado né quelle di secondo grado inferiore presentano una dimensione professionalizzante che compare solo dopo l’esame di terza media. Il che ci porta al problema:

  • ha senso bocciare un perito informatico perfettamente in grado di programmare per via di un’insufficienza in letteratura italiana?
  • ha senso bocciare un valido studente in letteratura perché non gli entra in testa la differenza fra C e Java o la chimica?

Visto l’ambito liceale, infine, con la sua dimensione propedeutica al’università, ha senso bocciare uno studente con 8 in italiano e latino per via di un 4 in matematica anche se il nostro eroe vuole studiare lettere? E se fosse il contrario? Basta una sola materia? E se ce ne fossero più d’una ma legate come italiano&latino, matematica&fisica?

Eppure non sarebbe molto difficile modificare il sistema scolastico in un modo più sensato:

  • la scuola dovrebbe assumere una funzione più civica adottando come materie di studio le discipline del dibattito pubblico eliminando le altre, direi per i primi 4 anno delle superiori, lasciando il quinto come professionalizzante e/o propedeutico per l’università;
  • Elementari e medie possono essere unificate per via del venire meno della necessità di selezionare gli studenti per le superiori. Le materie possono rimanere invariate;
  • Per quanto riguarda l’ignoranza basta usare come criterio d’accesso ai servizi le conoscenze di quinta elementare. Un banalissimo compito in classe di grammatica per accedere al lavoro o per prendere la pensione. Per giustizia, infatti, lo dovrebbero fare tutti e sarà divertente vedere pensionati e imprenditori in mezzo a una strada;

E per le teste di legno che non vogliono fare nulla? Nessun problema, sarà la vita a fare il suo corso in un sistema socio-economico post industriale basato sulla conoscenza. La selezione naturale è il mio pastore… Ma questo ragionamento regge solo se le materie di studio sono valide e impattanti nella vita di una persona, come il pensiero strategico o il calisthenics. Qualcosa che né Manzoni né la palla avvelenata possono dire con tutte le conseguenze del caso sulla perdità di autorità dei docenti. Gli inutili, infatti, non meritano rispetto.


[1] Cfr. https://www.gazzetta.it/Olimpiadi/2016/21-08-2016/come-festeggia-bolt-col-lancio-giavellotto-160857187752.shtml?refresh_ce-cp

[2] Cfr. https://www.isfol.it/piaac/storia

[3] Cfr. https://www.isfol.it/pubblicazioni/research-paper/archivio-research-paper/le-competenze-per-vivere-e-lavorare-oggi

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5 commenti su “Studenti analfabeti funzionali? Bocciare non è la soluzione, è la causa, ciccini

  1. am
    13 settembre 2019

    belle analisi Charlie, i miei due cents :
    immagino che il bocciare e altre amenità siano retaggio e consuetudini di altre epoche, come fai notare, e che magari in altre epoche siano stati questi, strumenti forse più efficienti di adesso nel gestire il ‘patrimonio’ della nazione.
    Come d’altra parte è una consuetudine considerare il paese diviso in nord/centro/sud quando oramai sembra diviso in sole due parti, ma per lo meno questa sembra una riduzione di complessità .
    Che manchi un qualcosa che possa assomigliare a uno slancio verso il futuro ? non so e onestamente non ti so che altro dire.

    • Charly
      16 settembre 2019

      In effetti sì, nasce da una mentalità industriale: catena di montaggio, studente che si adegua alla catena di produzione, rimozione degli scarti. Poi ci sono altri fattori riguardanti l’educazione e l’istruzione che sinonimi non sono. Ma non siamo più nel 19° secolo…

      • am
        16 settembre 2019

        bella l’immagine della catena di montaggio; aggiungerei come possibile causa anche l’abbondanza della materia prima: forse in altri tempi era più facile fare questa selezione draconiana.
        Da notare, del metodo draconiano, anche l’economicità.

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Questa voce è stata pubblicata il 12 settembre 2019 da in società con tag , , .
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